La data di realizzazione dell'abuso, nell'ipotesi ipotesi dell'ottenimento di una sanatoria, va provata dall'istante, ma tale principio va coordinato con quello generale della motivazione, che ai sensi dell'art. 3 della l. n. 241/90 è richiesta per tutti i provvedimenti amministrativi puntuali, in particolare per quelli repressivi o ad essi prodromici, come un diniego di sanatoria, che ha per effetto la necessità di demolire l'opera; in altre parole, il Comune che nega la sanatoria esponendo una serie di circostanze dalle quali si ricavi che l'opera non è stata realizzata nei termini previsti, deve esporre sul punto una motivazione corretta e congrua.
In tema di reati urbanistici, la sanatoria degli abusi edilizi idonea ad estinguere il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, non ammette termini o condizioni, atteso che la ratio della norma è quella di dare rilievo alla piena conformità agli strumenti urbanistici dell'intera opera così come realizzata, senza quindi che siano consentiti accorgimenti per far rientrare la stessa nell'alveo della legittimità urbanistica.
In caso di accertamento di conformità, l'oblazione non va rapportata alla volumetria e alla superficie astrattamente realizzabili in base allo strumento urbanistico vigente. Il testo della normativa di riferimento (art. 139 l.r. Toscana n. 1/2005 e art. 36 d.P.R. 380/2001) è infatti inequivoco nel rapportare al titolo edilizio, e non allo strumento urbanistico, la difformità di quanto effettivamente realizzato.
Il permesso in sanatoria è ottenibile soltanto in presenza dei presupposti espressamente delineati dall'art. 36 d.P.R. n. 380/2001, ossia a condizione che l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento sia della realizzazione del manufatto sia della presentazione della domanda.
Il principio di cui all'art. 38 l. 28 febbraio 1985 n. 47 prevede che la presentazione della domanda di condono sospenda il procedimento per l'applicazione di sanzioni amministrative. Ne consegue che, nella pendenza della definizione di tali domande, non può essere, tra l'altro, adottato alcun provvedimento di demolizione. Tale disposizione si applica anche ai condoni presentati ai sensi dell'art. 32 d.l. 269/2003.
Quando è proposta una domanda di accertamento di conformità, ai sensi dell'art. 36 del testo unico n. 380 del 2001, si verifica una sospensione dell'efficacia dell'ordine di demolizione (nel senso che questo non può essere portato ad esecuzione, finché non vi sia stata la definizione della domanda, con atto espresso o mediante il silenzio-rigetto), sicché nel caso di rigetto dell'istanza di accertamento di conformità l'ordine di demolizione riacquista la sua efficacia.
'art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 introduce una disciplina peculiare, che rende insensibile la richiesta di sanatoria alle norme eventualmente entrate in vigore successivamente alla sua presentazione, dal momento che la domanda si riferisce ad un'opera già realizzata. Si tratta dunque di una regola diversa e derogatoria rispetto a quella vigente per l'esame delle domande di permesso a costruire (art. 10 del DPR 380/2001), secondo cui la legittimità di un intervento va apprezzata sulla base della normative vigente al momento in cui è presa in esame dall'amministrazione, secondo il principio tempus regit actum, non sulla base della normative vigente al momento della presentazione della domanda. Pertanto, le modifiche normative (nella specie, al Piano di Bacino) entrate in vigore successivamente alla presentazione di un'istanza di sanatoria non possono rilevare sulla valutazione di quest'ultima.
L'onere della prova in ordine all'ultimazione dei lavori entro la data utile per ottenere la sanatoria grava sul richiedente, poiché, essendo le norme sul condono edilizio di carattere straordinario, esse sono anche di stretta interpretazione ed onerano rigorosamente il richiedente di fornire atti, documenti ed elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza in ordine alla realizzazione, anche sul piano temporale, dell'opera abusiva.
Costituisce un principio fondamentale nella materia del governo del territorio la verifica della doppia conformità, in quanto adempimento finalizzato a garantire l'assoluto rispetto della disciplina urbanistica ed edilizia durante tutto l'arco temporale compreso tra la realizzazione dell'opera e la presentazione dell'istanza volta ad ottenere l'accertamento di conformità.
I presupposti dei due procedimenti di sanatoria - quello di condono edilizio e quello di accertamento di conformità urbanistica - sono non solo diversi ma anche antitetici, atteso che l'uno (condono edilizio) concerne il perdono ex lege per la realizzazione sine titulo abilitativo di un manufatto in contrasto con le prescrizioni urbanistiche (violazione sostanziale), l'altro (sanatoria ex art. 13 legge 47/85 oggi art. 36 d.P.R. n. 380/2001) l'accertamento ex post della conformità agli strumenti urbanistici dell'intervento edilizio realizzato senza preventivo titolo abilitativo (violazione formale).
Il principio della doppia conformità di cui all'art. 36 T.U. 380/2001, e in precedenza di cui all'art. 13 della l. 47/1985, non può essere interpretato in modo riduttivo, nel senso che per la sanatoria sia sufficiente che la conformità sussista al momento in cui si provvede sulla relativa domanda. Al rilievo immediato, per cui non avrebbe senso imporre la demolizione di un'opera che si potrebbe subito dopo legittimamente riedificare, si risponde infatti che il principio ha valore proprio nei casi di conformità sopravvenuta. Accontentarsi infatti della semplice conformità alla normativa urbanistica ed edilizia sopravvenuta si tradurrebbe in un sostanziale incentivo a commettere abusi edilizi, nella speranza di una successiva modifica in senso favorevole degli strumenti di pianificazione, con il risultato di far condizionare dal fatto compiuto il potere di governo del territorio che spetta all'amministrazione, con evidente pregiudizio al buon andamento di essa.
Il silenzio sull'istanza di accertamento di conformità urbanistica ex art. 36 del d.P.R. 6 Giugno 2001 n. 380, presenta natura di atto tacito di reiezione dell'istanza. In dettaglio, il silenzio dell'amministrazione protratto oltre il termine di sessanta giorni costituisce senza dubbio o riserve (quali, appunto, un presunto obbligo di preavviso) un'ipotesi di silenzio significativo, avente valore provvedimentale, al quale vengono collegati gli effetti di un provvedimento di rigetto dell'istanza.
In materia edilizia, la legge n. 47 del 1985 (per come richiamata dalle successive leggi sul condono del 1994 e del 2003) ha previsto che la presentazione della domanda di condono - nei casi ivi previsti ed in presenza dei relativi presupposti - determina la cessazione degli effetti dei precedenti atti sanzionatori. Quando è proposta una domanda di accertamento di conformità, ai sensi dell'art. 36 del testo unico n. 380 del 2001, si verifica invece una sospensione dell'efficacia dell'ordine di demolizione (nel senso che questo non può essere portato ad esecuzione, finché non vi sia stata la definizione della domanda, con atto espresso o mediante il silenzio-rigetto), sicché nel caso di rigetto dell'istanza di accertamento di conformità l'ordine di demolizione riacquista la sua efficacia.
È illegittimo il diniego del permesso di costruire in sanatoria che, lungi da recare un'adeguata motivazione sulle specifiche ragioni di diniego, si limita a richiamare un consistente corpus normativo, senza, però, alcuna chiara indicazione circa le specifiche disposizioni che al suo interno osterebbero all'intervento.
La SCIA per accertamento di conformità che ripropone una istanza ex art. 13 della l. 47/1985, accolta dal Comune ma con provvedimento annullato in sede giurisdizionale, è nulla per violazione del predetto giudicato.
Il parere della commissione edilizia integrata in ordine alla sanatoria di costruzioni abusivamente realizzate non implica una diffusa motivazione, dovendo esso ritenersi sufficientemente motivato dall'indicazione delle ragioni assunte a fondamento della valutazione di compatibilità dell'intervento edilizio con le esigenze di tutela paesistica poste a base del relativo vincolo e anche una motivazione scarna e sintetica, laddove rilevi gli estremi logici dell'apprezzamento negativo, è, quindi, da ritenersi sufficiente.
La legislazione nazionale, volta a qualificare in materia di accertamento di conformità il silenzio come atto tacito negativo, esprime un principio fondamentale della materia urbanistica ("governo del territorio"), come tale non derogabile dalla legislazione regionale. La diversa interpretazione - che invece attribuirebbe ad una norma regionale (nella specie l'art. 43 della legge regionale della Campania sul governo del territorio n. 16 del 2004) una portata qualificatoria del silenzio, in contrasto con il principio fondamentale della legge "quadro" nazionale - esporrebbe la disposizione regionale a non infondati dubbi di costituzionalità.
L'onere di dimostrare che una costruzione è stata edificata prima di una certa data, al fine di invocare per essa un regime giuridico di sanatoria, spetta al privato proprietario, che di regola dispone delle prove a ciò necessarie. L'onere della prova, viceversa, è trasferito sull'amministrazione quando il privato stesso, pur non avendo fornito dati assolutamente incontrovertibili in tal senso, ha tuttavia prodotto elementi concreti sufficienti a rendere plausibile la propria tesi.
Non può darsi luogo ad un cambio della destinazione d'uso in sanatoria di un'area senza che la diversa destinazione d'uso sia stata concretamente realizzata.
E' illegittimo, e non determina l'estinzione del reato edilizio di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. b), il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria condizionato all'esecuzione di specifici interventi finalizzati a ricondurre il manufatto abusivo nell'alveo di conformità agli strumenti urbanistici, in quanto detta subordinazione contrasta ontologicamente con la "ratio" della sanatoria, collegabile alla già avvenuta esecuzione delle opere e alla loro integrale rispondenza alla disciplina urbanistica.