La presenza di un vincolo relativo di inedificabilità impone ai fini di una eventuale sanatoria una motivazione specifica e puntuale rapportata alle caratteristiche del manufatto, oggetto di istanza di condono, in relazione al contesto ambientale tutelato, laddove solo il vincolo assoluto consente di affermare l'ontologica incompatibilità di qualsiasi costruzione sull'area, fermo restando che la sanzione è applicabile in base al mero presupposto della realizzazione di un intervento senza la preventiva acquisizione dei prescritti titoli abilitativi.
La legge n. 47 del 1985 - a differenza del successivo d.l. n. 269 del 2003, convertito nella legge n. 326 del 2003, di regolamentazione del c.d. terzo condono - non preclude, in assoluto, la sanatoria di opere abusive connotate da una certa consistenza, realizzate in zone sottoposte a vincolo, bensì attribuisce rilevanza all'epoca di introduzione del vincolo e, ancora, agli effetti di inedificabilità determinata dagli stessi vincoli.
Il sopravvenuto regime di inedificabilità dell'area non può considerarsi una condizione ex se preclusiva e insuperabile alla condonabilità degli edifici già realizzati, dovendo l'Ammistrazione valutare se vi sia compatibilità tra le esigenze poste a base del vincolo - anche sulla salvaguardia della pubblica incolumità - e la permanenza in loco del manufatto abusivo.
La legge n. 326/2003, pur collocandosi sull'impianto generale della legge n. 47/1985, norma (con l'art. 27) in maniera più restrittiva le fattispecie di cui si tratta, poiché con riguardo ai vincoli ivi indicati (tra cui quelli a protezione dei beni paesistici) preclude la sanatoria sulla base della anteriorità del vincolo senza la previsione procedimentale di alcun parere dell'autorità ad esso preposta, con ciò collocando l'abuso nella categoria delle opere non suscettibili di sanatoria (ex art. 33 l. n. 47/85).
Ai sensi della legge n. 326 del 2003, un abuso comportante la realizzazione di nuove superfici e nuova volumetria in area assoggettata a vincolo paesaggistico, sia esso di natura relativa o assoluta, non può essere condonato.
È illegittima l'ordinanza di demolizione adottata in pendenza di istanza di condono perché in contrasto con l'art. 38 l. n. 47 del 1985, che impone all'Amministrazione di astenersi da ogni iniziativa repressiva, tale da vanificare a priori il rilascio del titolo edilizio in sanatoria, sino alla definizione del relativo procedimento. Detto principio trova applicazione anche quando gli immobili per i quali è stata avanzata istanza di condono ricadono in una zona vincolata, essendo l'Amministrazione sempre tenuta ad esprimersi, una volta attivato il procedimento, sulla sussistenza dei presupposti per la sanabilità dell'intervento.
Ai fini delle procedure di condono edilizio sono da ritenere rilevanti tutti i vincoli apposti alla data in cui viene valutata l'istanza di sanatoria, a prescindere dalla data di esecuzione delle opere e di imposizione dei vincoli medesimi.
Ai fini del rilascio della concessione edilizia in sanatoria per opere ricadenti in zone sottoposte a vincolo, il parere - previsto dall'art. 32 l. 28 febbraio 1985 n. 47 - dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo, è necessario con riferimento all'esistenza del vincolo nel momento in cui deve essere valutata la domanda di condono; tale obbligo sussiste quindi anche per le opere eseguite prima che il vincolo sia stato apposto.
Il provvedimento di diniego di condono edilizio ai sensi dell'art 32, commi 26 e 27 della Legge 24 novembre 2003 n. 326 che non ha accertato, o comunque non ha dato adeguatamente atto nella motivazione, che il vincolo paesaggistico sia stato imposto anteriormente alla realizzazione delle opere edilizie per cui è richiesto il condono stesso, risulta illegittimo per difetto di istruttoria e di motivazione, al pari dell'ingiunzione di demolizione conseguentemente affetta da illegittimità derivata.
L'esistenza del vincolo va valutata al momento in cui deve essere esaminata la domanda di condono edilizio, a prescindere dall'epoca della sua introduzione e, quindi, anche per le opere eseguite anteriormente all'apposizione del vincolo stesso.
In caso di istanza di condono per un immobile abusivo che insiste in zona vincolata, l'acquisizione dei nulla-osta soprintendentizi deve avvenire nell'ambito del procedimento stesso di condono, con conseguente necessaria previa definizione di tali pratiche anche sotto il profilo della compatibilità con il vincolo.
In ipotesi di vincolo paesaggistico, anche di tipo relativo, l'opera abusiva è suscettibile di sanatoria solo qualora si tratti di abuso minore, rientrante nella tipologie nn. 4, 5 e 6 dell'allegato 1 del cit. D.L. n. 269 del 2003: restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria, senza quindi aumento di superficie, mentre non è sanabile un'opera di nuova costruzione.
Per gli abusi edilizi in zona vincolata della tipologia 2 e 3 di cui all'allegato al D.L. 269/2003 si deve riscontrare ed accertare la loro conformità sia alle norme e prescrizioni urbanistiche vigenti al 3/10/2003 (data di entrata in vigore del decreto) sia al momento di presentazione della domanda di sanatoria. Quest'ultima, con la relativa estinzione degli effetti penali, potrà però conseguire solo ove il vincolo in considerazione non comporti inedificabilità assoluta e solo se l'autorità preposta alla tutela del vincolo stesso si esprima in senso favorevole al rilascio della sanatoria, ferma restando l'esclusione assoluta della sanatoria per gli abusi commessi sugli immobili dichiarati monumento nazionale.
Se il vincolo di indificabilità assoluta sopravvenuto non può considerarsi sic et sempliciter inesistente, ne discende che gli va applicato lo stesso regime della previsione generale di cui all'articolo 32, comma 1, L. n. 47/1985, che subordina il rilascio della concessione in sanatoria per opere su aree sottoposte a vincolo al parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela del vincolo medesimo.
In ipotesi di immobili abusivamente realizzati su siti sottoposti ad inedificabilità assoluta, si registra un'inversione dell'«onere della prova» nel senso che, mentre in un ordinario procedimento edilizio è l'Amministrazione che deve compiutamente dar conto delle ragioni ostative al rilascio del provvedimento abilitativo, qualora questo venga chiesto successivamente, avvalendosi della disciplina sul condono, l'onere di provare la sanabilità dell'immobile grava totalmente sul privato che ha commesso l'abuso.
È illegittima la disposizione regionale che amplia l'area degli interventi ammessi a sanatoria, attribuendo effetto impeditivo di essa ai soli vincoli che comportino inedificabilità assoluta.
Ai sensi dell'art. 32 l. n. 47/1985, la verifica della compatibilità della costruzione in area assoggettata a vincolo paesaggistico con i valori presidiati dal vincolo stesso va effettuata prescindendo dalla data in cui il vincolo è stato imposto, rilevando la data d'esercizio in concreto della potestà amministrativa.
Ai fini del rilascio del condono edilizio per immobili che ricadono in aree vincolate, occorre il parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo anche se il vincolo è stato imposto successivamente alla realizzazione delle opere e vige nel momento in cui deve essere esaminata la domanda di sanatoria.
Il parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo ex art. 32 l. 47/1985 per il rilascio del titolo edilizio in sanatoria ha natura e funzioni identiche all'autorizzazione paesaggistica ex art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004, per essere entrambi gli atti il presupposto legittimante la trasformazione urbanistico edilizia della zona protetta, sicché resta fermo il potere ministeriale di annullamento del parere favorevole alla sanatoria di un manufatto realizzato in zona vincolata, in quanto strumento affidato dall'ordinamento allo Stato, come estrema difesa del paesaggio, valore costituzionale primario.
Ai sensi del D.L. n. 269/2003, l'esistenza del vincolo va considerata al momento in cui deve essere valutata la domanda di condono edilizio, a prescindere dall'epoca della sua introduzione e, quindi, anche per le opere eseguite anteriormente all'apposizione del vincolo stesso, con l'unica peculiarità che, in tale evenienza, i vincoli di inedificabilità sopravvenuti alla realizzazione dell'intervento edilizio non operano quali fattori di preclusione assoluta al condono, ma costituiscono vincoli relativi ai sensi dell'art. 32 della l. n. 47 del 1985 e impongono un apprezzamento concreto di compatibilità.